Imponenti, silenziosi, millenari, i nuraghi sono il simbolo assoluto della Sardegna, mete che vale davvero la pena visitare durante un viaggio sull’isola. Ma sono anche tra le architetture più misteriose del Mediterraneo: da più di 3mila anni dominano il paesaggio, ma sono stati costruiti senza l’aiuto di malta o cemento. Come hanno fatto a resistere al tempo, ai terremoti, alle intemperie e persino all’abbandono?
Oggi, grazie a uno studio ingegneristico pubblicato su una prestigiosa rivista internazionale, il loro segreto è stato finalmente svelato. E la risposta è sorprendente: la stabilità dei nuraghi non dipende solo dalla forma, dalla disposizione o dal peso delle pietre, ma da ciò che non si vede.
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La nuova scoperta sui nuraghi
I celebri nuraghi che punteggiano il paesaggio sardo sono stati costruiti tra l’età del Bronzo medio e recente e sono formati da enormi blocchi di pietra sovrapposti a secco. All’interno custodiscono una tholos, una falsa cupola realizzata con anelli di pietre aggettanti, apparentemente fragile se isolata dal resto della struttura.
Secondo la ricerca condotta da un team di ingegneri e archeologi italiani, guidato da Augusto Bortolussi e composto da Valentina Dentoni, Cristina Levanti, Stefano Cara, Francesco Pinna e Battista Grosso, la chiave della loro longevità sta nel materiale di riempimento inserito tra la camera interna e il muro perimetrale esterno: si tratta di un mix di terra, pietre e detriti accuratamente compattati durante la costruzione. Non sono quindi dettagli secondari, come si pensava, ma veri e propri elementi strutturali.
Grazie a modelli tridimensionali avanzati e a simulazioni realizzate con il Distinct Element Method, i ricercatori hanno ricostruito il comportamento statico di nuraghi reali, con diametri fino a 15 metri e altezze che raggiungono i 16 metri. I risultati parlano chiaro: senza il riempimento interno, la tholos sarebbe instabile, perché il materiale granulare, compattato dal peso, genera una pressione orizzontale che mantiene gli anelli in compressione. Il muro esterno, massiccio e pesante, controbilancia questa spinta e funziona come una struttura di contenimento.
Un equilibrio perfetto, ottenuto senza i calcoli matematici che conosciamo oggi, ma soltanto grazie a una raffinata conoscenza empirica tramandata nei secoli.
Un patrimonio da proteggere (e visitare)
Le simulazioni degli studiosi hanno anche spiegato un altro mistero archeologico che risponde a una domanda precisa: perché in molti nuraghi la parte esterna è crollata mentre l’interno è rimasto integro? dai dati raccolti, emerge che la tholos, grazie al riempimento, è risultata con un fattore di sicurezza elevato (6,7), mentre la muratura perimetrale è strutturalmente più vulnerabile (fattore 1,5). Un dettaglio fondamentale anche per il restauro e la conservazione di questi meravigliosi monumenti archeologici.
In Sardegna si contano circa 8.000 nuraghi, e ben 32 siti sono candidati a diventare Patrimonio mondiale Unesco. Questa scoperta arriva in un momento cruciale, perché chiarisce quanto sia importante non rimuovere o alterare il riempimento interno durante gli interventi di recupero e messa in sicurezza di questi gioielli arrivati fino a noi nei millenni.
Visitare un nuraghe oggi significa quindi guardarlo con occhi nuovi: non solo come un monumento del passato, ma come una straordinaria lezione ingegneristica che continua a sorprendere e affascinare, dopo più di 3mila anni.
Luoghi come Su Nuraxi di Barumini, patrimonio Unesco, dimostrano che la Sardegna non è solo mare, ma anche storia millenaria scolpita nella pietra. Camminare attorno a una torre nuragica significa entrare in contatto con una civiltà che ha saputo costruire luoghi progettati per durare, letteralmente, per sempre.
Un motivo in più per partire alla scoperta di questa splendida isola, perché a volte il segreto dei luoghi più affascinanti non è in ciò che mostrano alla luce del sole, ma nei segreti che custodiscono all’interno.