Cosa vedere ai Castelli Romani

La zona dei Castelli Romani è perfetta per una gita fuori dalla Capitale, in giornata o per un weekend

Pubblicato: 5 Febbraio 2021 16:26

SiViaggia

Redazione

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La zona dei castelli Romani è una delle aree storiche e naturali più famose del Lazio, distante neanche mezz’ora di macchina dal centro di Roma. Iconica, ancora oggi bucolica, carica di personalità e di suggestioni rintracciabili soprattutto nei profili dei suoi borghi storici e nei sapori delle sue eccellenze enogastronomiche, prime fra tutte la porchetta e il celebre “vino de li Castelli”.

Castelli veri e propri non ce ne sono più, ma i castelli Romani sembrano ormai essere castelli del cuore e dell’anima. Castelli di vita, per certi versi, modellati nei secoli dalla storia e dall’uomo.

Terre rese indimenticabili dai Papi e dalle famiglie nobili romane, i Savelli, gli Orsini, i Colonna soltanto per citare alcune delle più illustri, che qui eressero eleganti residenze di villeggiatura. Terra vulcanica fatta di colli e di borghi panoramici, i castelli Romani rappresentano ancora oggi una godibilissima meta per weekend all’insegna del buon cibo e della bellezza, ma anche di brevi gite fuori porta domenicali, soprattutto per gli abitanti di Roma e dintorni. Scopriamo ora le tappe fondamentali di un’ideale tour dei castelli Romani.

Frascati e le ville Tuscolane

Appena ci lasciamo alle spalle il polverone e il caos di Roma e del GRA (Grande Raccordo Anulare) la strada prende un’aria antica e ben presto il verde intenso dei colli Albani e una gradevole luce paglierina inondano l’antica via Tuscolana, che ci permette di salire e raggiungere Frascati. Per godersi la quiete suggerita da questo suggestivo territorio, basterebbe questo. Giusto qualche ora all’ombra di una fraschetta, le tipiche osterie con il gradevole pergolato esterno (le frasche appunto) di cui Frascati è piena. In mano un bicchiere di vino dei Castelli, la vera essenza di questa terra, una bruschetta casereccia e il gioco è fatto.

Nata in seguito alla distruzione dell’antica Tusculum, nel 1191, l’area di Frascati era disseminata di ville patrizie già in epoca romana, come dimostrano i ritrovamenti appartenenti alla villa di Lucullo (117-57 a.C.) e alla dinastia imperiale dei Flavi (69-96 d.C.). Dal XVI secolo, grazie all’apprezzamento crescente di papi e nobili famiglie romane, Frascati riceve un notevole impulso sia urbanistico che culturale, pur conservando tuttavia una certa veracità d’animo, popolare e affascinante. Nel Settecento diventa tappa obbligata per tutti gli illustri viaggiatori del Grand Tour, tra i quali Goethe, Stendhal, Mark Twain, Ibsen ed Emile Zola. Fiore all’occhiello della cittadina sono proprio le sue eleganti e imponenti Ville Tuscolane, dimore di villeggiatura appartenute a famiglie dell’aristocrazia romana ed esponenti della corte pontificia.

La più importante, che merita sicuramente una visita, è senza dubbio villa Aldobrandini, detta anche villa Belvedere, un’enorme e plurisecolare costruzione eretta alla fine del Cinquecento per volere del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII. All’interno si ammirano ancora oggi mirabili affreschi del pittore barocco Cavalier d’Arpino (1568-1640) ma soprattutto del Domenichino (1581-1641), che qui realizzò la magnifica sala del Parnaso, ubicata all’esterno del corpo principale del palazzo, subito a destra del ninfeo. L’elegante e vasto giardino presenta inoltre spaventose sculture di mostri e animali mitologici del tutto simili a quelle del celebre parco dei Mostri di Bomarzo.

Tra le altre ville Tuscolane degne di nota, si ricordano, tutte risalenti alla seconda metà del Seicento, villa Falconieri restaurata a partire dal 1628 da Antonio Sangallo il Giovane e dal Borromini, villa Torlonia con la monumentale fontana chiamata il Teatro delle Acque aperta di Carlo Maderno (1607-1625), e l’elegante villa Tuscolana, detta anche Rufinella, restaurata nel 1773 dall’architetto Luigi Vanvitelli per conto dell’ordine dei Gesuiti. Passeggiando per il centro storico di Frascati, non mancate di ammirare la bella e iconica facciata della cattedrale barocca di San Pietro, realizzata alla fine del Seicento in pietra Tuscolana delle cave della vicina località di Monte Porzio Catone e travertino di Tivoli.

L’antica Abbazia di Santa Maria a Grottaferrata

Attraversando un territorio dove da ogni angolo spunta un’elegante villa storica o un ulteriore scorcio mozzafiato sui Castelli, da Frascati per piegare verso il lago Albano si è quasi “obbligati” ad attraversare Grottaferrata, uno degli abitati più antichi dell’area. La leggenda vuole che intorno all’anno Mille un monaco ed eremita proveniente dalla Calabria e chiamato oggi San Nilo da Rossano, giuste alle pendici del Tuscolo, il vulcano spento dei colli Albani, e con i suoi seguaci costruì uno spartano cenobio dedicato originariamente a Sant’Agnese, la cosiddetta crypta ferrata da cui poi prese nome questa cittadina.

Merita dunque una doverosa sosta il complesso abbaziale che si sviluppò sulle rovine di quel primitivo cenobio, l’abbazia di Santa Maria di Grottaferrata. Il complesso comprende, all’interno di un’imponente cerchia muraria, il cinquecentesco palazzo dell’abate e la chiesa conventuale, risalente al Medioevo ma giunta sino a noi in forme barocche, dove si svolge ancora oggi il rito bizantino-greco. La struttura della chiesa riprende ancora oggi gli stilemi dell’originaria costruzione bizantina, compreso l’elegante campanile abbellito dalle tipiche trifore che ricordano da vicino le antiche abbazie di Ravenna e di Classe.

Il vino dei Castelli e il borgo di Marino

Lo storico borgo di Marino è senza dubbio quello che più di ogni altro centro dei castelli Romani custodisce le tradizioni più vive ed estemporanee dell’area, da quelle linguistiche con il dialetto marinese (unico caso in tutti l’area dei Castelli) a quelle legate alla viticoltura. Tradizioni che sopravvivono e ovviamente si rinnovano con il passare del tempo. A Marino, grazie anche alla sagra dell’Uva che si svolge ogni anno a inizio ottobre, ogni giorno si celebra la vita nei castelli Romani, votata però al presente.

Proprio come il vino bianco di Marino, ma anche rosso, in questo borgo è rappresentato il legame più forte di questo territorio con la contemporaneità e con la cultura del buon cibo e del buon vivere. Il consiglio migliore è dunque quello di procedere a piedi e concedersi una piacevole passeggiata a partire da piazza Matteotti dove si erge la possente fontana dei Quattro Mori (1632), uno dei simboli della cittadina, eretta per celebrare il trionfo di Marcantonio II Colonna nella battaglia di Lepanto del 1571. Scendendo lungo corso Trieste, arteria nevralgica del centro storico, con ogni sorta di negozio e piccola bottega, si finisce per fiancheggiare la basilica di San Barnaba Apostolo, chiesa principale, davanti alla quale si apre la bella e panoramica piazza omonima, con vista mozzafiato sulle placide colline dei castelli Romani.

Qui, durante la sagra dell’Uva, folle di giovani si accalcano sulla scenografica scalinata che precede l’imponente facciata barocca della chiesa. La strada si incunea e si restringe, assumendo le forme familiari del Medioevo e di colpo si è trasportati indietro nel tempo alla vista di queste case con le facciate dipinte e scrostate. S’incominciano a riconoscere le insegne di alcune fraschette e dai si aprono ulteriori scorci, dove lo sguardo si infila e si allunga verso i colli Albani, mentre si apre la curiosa piazza della Repubblica, sulla quale domina la scalinata tonda di palazzo Colonna, oggi sede municipale, di epoca cinquecentesca ma ricostruito, come molti altri edifici storici di Marino compresa la stessa basilica di San Barnaba, in seguito ai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale. Girando attorno all’edificio si apre una delle vie più antiche e suggestive del borgo antico di Marino, con i panni stesi e i fiori appesi, antiche osterie e stretti vicoli, che da un lato salgono ripidi verso il centro dell’abitato, dall’altro si spalancano sul costone roccioso sul quale l’antico abitato di Marino si allunga, donando a ogni passo viste spettacolari.

Castel Gandolfo, il palazzo Pontificio e il lago Albano

Scendendo da Marino, in poche curve, la strada diventa panoramica e si apre sul lago Albano, di forma quasi circolare, il lago vulcanico più profondo d’Italia (170 m. circa). Da qui, sulla sponda opposta del lago, si alzano gli occhi verso l’alto crinale sul quale è adagiato il palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, ancora oggi residenza estiva dei Papi. L’elegante centro storico, la bellezza dello scenario naturale che lo circonda e la presenza di un edificio così storicamente e artisticamente importante hanno permesso a Castel Gandolfo di essere eletto tra i borghi più belli d’Italia.

Tappa imprescindibile di qualsiasi tour dei castelli Romani, il palazzo Pontificio di Castel Gandolfo risale alla prima metà del Seicento, eretto per volere di Papa Urbano VII Barberini nel luogo in cui si ergeva il castello appartenuto alla famiglia nobile romana dei Savelli. Al progetto partecipa anche Gian Lorenzo Bernini, come ricorda una galleria a lui intitolata affrescata da Pier Leone Ghezzi. Oltre alla galleria del Bernini, all’interno si ammirano ambienti meravigliosi come la sala da Pranzo di Clemente XIV, la sala del Trono con i suoi magnifici arazzi e la sala dello Scalco impreziosita da alcune tele di Salvator Rosa, mentre nei giardini spiccano per la loro bellezza anche la Specola Vaticana, ovvero l’osservatorio Astronomico la cui cupola è ormai divenuta parte integrante di qualsiasi scorcio dei colli Albani, nonché i resti di una villa romana appartenuta all’imperatore Diocleziano, della quale si riconoscono ancora oggi un criptoportico, un teatro e alcune pregevoli esedre dalla ricca pavimentazione.

A Castel Gandolfo il Bernini ha disegnato inoltre la barocca collegiata di San Tommaso da Villanova (1658), con una suggestiva pianta a croce greca e la pala d’altare di Pietro da Cortona raffigurante una Crocifissione. Il palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, insieme a villa Cybo e villa Barberini, fa parte del complesso di ville Pontificie a godere del diritto di extra territorialità sul suolo italiano. Fa invece parte del complesso della villa di Diocleziano, che ingloba la struttura nel I secolo d.C., lo straordinario Ninfeo Bergantino, assolutamente da visitare prima di lasciare Castel Gandolfo. Conosciuto anche con il nome di Bagni di Diana, la struttura del Ninfeo si trova sulla sponda occidentale del lago Albano, dunque al di fuori dell’abitato di Castel Gandolfo e nei pressi del Ninfeo Dorico. Irregolari e scavati direttamente nella roccia, i Bagni di Diana si sviluppano in più ambienti, tra cui si segnala il salone centrale, dotato di vasca circolare e ricco di decorazioni a mosaico.

Il borgo medievale di Rocca di Papa

Superati i ninfei che punteggiano la sponda meridionale del lago Albano e le cittadine di Albano Laziale e di Ariccia, patria di una delle eccellenze del territorio dei castelli Romani e celebre quanto il vino locale che sempre l’accompagna, e cioè la profumatissima porchetta, risalendo verso nord e lasciandosi alle spalle le acque scure del lago si raggiunge il pittoresco borgo di Rocca di Papa, uno dei pochi centri della zona dei castelli Romani (e forse l’unico) ad aver conservato nel suo abitato un aspetto chiaramente medievale.

Abbarbicato su uno dei versanti del monte Cavo, l’abitato è dominato alla sommità dalla splendida fortezza Pontificia, attestata per la prima volta nel 1181 insieme allo stesso borgo, eretta per volere di papa Eugenio III nel Trecento e demolita quasi quattro secoli dopo per volere di un altro papa, Paolo III Farnese. Al di sotto di essa, digradano fittamente e in modo irregolare, adattandosi allo scosceso versante del monte Cavo, le case colorate del borgo, percorse da stretti vicoli dai quali si aprono eccezionali scorci panoramici sui colli Albani e sul verde territorio dei castelli, armonico e al tempo stesso quasi disordinato.

La barocca chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta in cielo (1664) è stata ricostruita più volte fino all’attuale versione neoclassica, che ha cercato il più possibile di mantenere le organali forme della facciata disegnata dall’architetto Antonio Del Grande su committente del cardinal Giacomo Colonna, che morì soltanto due anni dopo la posa della prima pietra. L’appartata e rinascimentale chiesa del Santissimo Crocifisso, costruita in sostituzione della duecentesca cappella di Santa Maria del Castello ricompreso entro il complesso della fortezza Pontificia e andata distrutta durante un incendio, contiene alcune pregevoli opere dello scultore tedesco Theodor Wilhelm Achtermann (1799-1844), che contribuì anche finanziariamente al completamento dell’edificio, come il gruppo della Crocifissione, Sepoltura e Resurrezione (1865), un Ecce Homo (1875) e una Madonna (1862), per lo più ispirate a opere già realizzate dall’artista.

Di particolare interesse anche le monumentali fontane che impreziosiscono ulteriormente tutto il centro storico di Rocca di Papa, come la seicentesca Barcaccia situata in piazza Garibaldi, molto simile alla sua omonima situata in piazza di Spagna a Roma e attribuita a Gian Lorenzo Bernini, costituita di un solo enorme blocco di pietra tufacea. Dello stesso materiale risulta anche la fontana Antica, dalla semplice forma rettangolare, che abbellisce piazza Vecchia, o piazza XX Settembre, cuore dell’antico Quartiere Bavarese, lo stesso della chiesa del Santissimo Crocifisso, che un tempo era situata nel cortile della fortezza Pontificia, luogo in cui fu costruita pare addirittura sei secoli addietro.

Fonte: Shutterstock
Veduta panoramica di Ariccia

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