Masoala, la foresta tropicale di Zurigo

Un tesoro nascosto nel cuore della città elvetica

Zurigo, la piccola capitale dell’omonimo cantone svizzero vanta diversi primati, quello delle banche, dell’oro e dei soldi che regolano la vita mondiale. Una città spesso un po’ grigia e fredda che all’arrivo della bella stagione, con le sue spiaggette lungo il lago, si trasforma come d’incanto in una grande stazione balneare, diventando allegra e attraente per la folla multicolore, che passeggia sui viali del lungolago, nei vicoli dei vecchi quartieri, lungo la Limmat, la Bahnhofstrasse o nel mercato dei fiori.
Un concentrato di qualità della vita e offerta culturale, dove i ristoranti con giardino sfiorano il record e la vita notturna è ricca di sorprese. Una città in cui si può anche affittare un tram anni Trenta per organizzare un party personale.
Ma non tutti sanno che salendo dal centro storico sulle colline, proprio con un tram si può scoprire un vero tesoro nascosto: l’avveniristico Zoo, in cui alla fine giugno 2003 è stato aperto il parco di Masoala. Qui, per preservare la biodiversità degli ecosistemi, è stato riprodotto nei minimi particolari il paesaggio del Madagascar.
Il suo isolamento dall’Africa e dall’Asia, le differenze di clima, di topografia e di geologia hanno permesso alla flora e alla fauna lo sviluppo autonomo di una grande varietà di specie endemiche. Dieci ettari di foresta spariscono ogni giorno sulla penisola Masoala, e con ogni ettaro sparisce anche un numero incredibile di animali e piante uniche al mondo. Con il progetto Masoala, lo Zoo di Zurigo aiuta il governo malgascio nel suo sforzo di proteggere e conservare queste meraviglie della natura. Sì, perché secondo la Conservation International, il Madagascar è una delle tre zone ad elevata sensibilità ambientale sulla Terra, i cosiddetti “hot spots”, e Masoala ne costituisce la parte più importante.

Fonte: Simonetta Bonamoneta
La cupola del padiglione Masoala – foto di Simonetta Bonamoneta

In questo padiglione vive esclusivamente flora e fauna della penisola ricoperta di foreste e i visitatori possono ammirare un affascinante e sconosciuto mondo vegetale e animale, creando un legame diretto con questo miracolo della natura.
Sentieri tortuosi tra ruscelli, laghi e una cascata alta 6 metri, conducono in questa fitta foresta, popolata da più di 20 mila piante e 45 specie di vertebrati tropicali come i lemuri, le tartarughe giganti, le volpi volanti, le rane pomodoro e i pesci corallini.
Le caratteristiche foglie del ravenala madascariensis, detto anche “albero del viaggiatore” si agitano sotto un venticello carico di gocce minutissime, riversando sulle nostre teste una doccia imprevista. E’ naturale, visto che siamo in un clima tropicale come la foresta di Masoala, a temperature che variano dai 20 ai 30° C e un tasso di umidità superiore all’80%, con precipitazioni di ben 6 mm al giorno.
Ci accingiamo ad attraversare il traballante ponticello di corda che unisce le due rive di uno stagno: sembriamo tanti improvvisati Indiana Jones alla ricerca di un precario equilibrio. Chi ride spavaldo, chi ha paura di cadere, chi non vuole attraversare. Sotto, intanto, tra piante acquatiche, felci, liane e bambù, un ibis crestato col suo lungo becco sonda il fondo alla ricerca di vermi, mentre alcune rane pomodoro occhieggiano tra le foglie, infastidite per tutto quel trambusto.
Improvvisamente, un urlo disumano attraversa le foglie degli alberi: tutti alzano lo sguardo verso l’alto. A circa 30 metri d’altezza, tra il folto della vegetazione, uno strano animale spicca balzi enormi da una cima all’altra, con grande schiamazzo.
E’ un vari rosso dalla lunga coda, che gli permette di bilanciarsi durante i salti tra gli alberi. I lemuridi, la famiglia a cui esso appartiene, sono primati, progenitori delle scimmie, si trovano quasi esclusivamente in Madagascar e si nutrono di frutta, semi, germogli, verdure, nettare e non sono aggressivi. Il vari raggiunge in un battibaleno il suolo, dove gli è stata preparata in bella vista una lauta colazione a base di banane. Dopo essersi rimpinzato, senza averci degnato di uno sguardo, così com’era venuto, salta da un ramo all’altro come a prendere il “volo”, scomparendo alla nostra vista.

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Fonte: Simonetta Bonamoneta
Vari rosso – foto di Simonetta Bonamoneta

Poco più in là, qualcuno ha appena scorto un camaleonte dalla pelle granulosa, che illuminato dal sole fa sfoggio della sua vistosa livrea: è uno dei pochi animali che hanno la rara possibilità di mutare il colore della pelle, uniformandolo al colore dell’ambiente nel quale si muovono. Chissà se è infastidito dalla nostra presenza, oppure se è intento a corteggiare una femmina, fenomeno che precede l’accoppiamento, o se si sta preparando per un combattimento?
E’ immobile come una statua: solo i suoi occhi sferici, grossi e sporgenti, sono vivaci e mobilissimi, potendo roteare indipendentemente l’uno dall’altro. Ma ecco un colpo di fortuna che ci svela le sue intenzioni: con una sorprendente velocità, senza per nulla scomporsi, estroflette la lunghissima lingua vischiosa, sicuramente più lunga di tutto il suo corpo, la usa come una frusta, afferrando il malcapitato insetto, ingoiandolo in una frazione di secondo.

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Fonte: Simonetta Bonamoneta
Camaleonte – foto di Simonetta Bonamoneta

Ora il sentiero s’apre su di un laghetto coperto da ninfee, tra le quali si aggirano con circospezione un uccello martello e alcuni coua, uccelli particolarmente attraenti. Ma a polarizzare la nostra attenzione è lo spettacolo delle tartarughe giganti, che passano la giornata a brucare la vegetazione o, durante le ore più calde, immerse in pozze fangose, per abbassare la temperatura corporea.
Questi erbivori primordiali, che raggiungono anche i 200 chili, al centro del laghetto hanno un’isoletta tutta per loro. Vivono in completa libertà e nel modo più naturale, come tutti gli altri animali, nel loro habitat ricreato in questo ecosistema racchiuso da una volta di materiale resistente e trasparente.
Certo, una trentina d’anni fa tale costruzione, che copre più di un ettaro di superficie, sarebbe stata irrealizzabile, ma oggi, grazie ai materiali d’avanguardia utilizzati, sensibili alla luce e ad alto valore d’isolamento, anche le piante tropicali possono sopravvivere, grazie anche all’impianto di una pioggia tropicale, un elemento fondamentale della struttura. Per evitare di dover utilizzare una grande quantità d’acqua dalla rete pubblica, l’acqua piovana viene raccolta sul tetto della struttura in una grande cisterna da 1000 m³. Questo impianto è regolato in modo tale da permettere un’irrigazione equivalente a 80.000 litri d’acqua al giorno.
Questo è l’unico modo possibile per entrare a contatto, nel bel mezzo del cuore delle Alpi, con una realtà tanto diversa da quella a noi familiare, con creature così particolari che, se non fosse assolutamente vietato, verrebbe voglia di accarezzare. Un interesse e una curiosità certamente maggiore di quella che provano questi animali, ormai abituati al via vai dei visitatori, che si danno continuamente il cambio lungo i sentieri di questo loro paradiso.

Simonetta Bonamoneta
Giornalista di viaggio