Il pozzo di San Patrizio a Orvieto

Le sue origini risalgono al medioevo e raccontano di una leggenda legata a una caverna irlandese

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Redazione

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Il nome del pozzo di San Patrizio non ha particolari attinenze con personaggi di Orvieto, e fa invece riferimento all’abisso irlandese dove era solito pregare il santo. Le sue origini risalgono al medioevo e raccontano di una leggenda legata ad una profonda caverna sita su un isolotto irlandese, quello di Derg.

La caverna irlandese era stata indicata da Cristo a San Patrizio, che si rifugiava qui per ritirarsi in preghiera, affinché potesse mostrare le pene dell’Inferno ai fedeli assaliti dal dubbio, qualora avessero voluto ottenere la remissione dei peccati e l’accesso al Paradiso. Fu chiusa dal Papa nel 1457, in quanto divenuta meta di intenso peregrinare: i fedeli vi si recavano poiché era considerata tunnel di contatto con l’altra parte del mondo, non quello materiale, ma quello spirituale.

La costruzione del Pozzo  di San Patrizio, quello italiano, a Orvietoè stata voluta da papa Clemente VII, reduce dal Sacco di Roma, ed è stata effettuata tra il 1527 e il 1537, al fine di fronteggiare l’eventuale mancanza di acqua in caso di conflitti o assedi. I lavori furono conclusi durante il papato di Paolo III Farnese. Il pozzo è profondo 53,15 metri, scavato nel tufo dell’altopiano tozzo ed alto della valle tiberina. Il suo diametro è di 13 metri e si contano 248 scalini e 70 grandi finestroni che illuminano il suo interno, che giunge a toccare le acque delle fonti di S. Zeno.

Venne ideato dall’architetto Antonio da Sangallo, che genialmente realizzò due indipendenti scalinate che non si incontrano mai, a forma di doppia elica, come quella del DNA che fu scoperto circa 420 anni dopo; tramite esse era possibile approvigionarsi e trasportare acqua senza mai ostacolarsi.
E’ un bel gioco di prospettiva visiva: chi scende si trova ad affacciarsi di fronte a chi sale, mentre gli appare distante chi, procedendo nella stessa direzione, si trova solo lontano di qualche passo. All’estremità inferiore della rampa di discesa vi è un ponte in legno che permette di attraversare il pozzo. Sull’entrata la scritta “Quod natura munimento inviderat industria adiecit”, ossia “ciò che non aveva dato la natura, procurò l’industria“. Scenario suggestivo, discesa oscura, come un percorso spirituale che provoca pensieri e riflessioni sulla propria spiritualità e sulla quotidianità, fatta di errori di cui dolersi e pentirsi.