Il viaggio di ritorno è più breve dell’andata. Lo dice la scienza

La scienza prova che il fenomeno percepito è reale, ma sulle cause continua ad aleggiare un fitto mistero

Come possiamo percepire il viaggio di ritorno più breve rispetto all’andata? È la domanda che da sempre tormenta viaggiatori d’ogni estrazione al termine di una vacanza.

L’impegno della scienza per spiegare il bizzarro fenomeno è dimostrato dai molti esperimenti condotti sino a oggi, a cui si aggiunge l’ultimo tentativo fatto da un team di ricercatori giapponesi, i quali hanno pubblicato sulla rivista Plos One i risultati di un’indagine molto curiosa.

Tutto parte dalla consapevolezza che noi esseri umani non siamo bravissimi a misurare il tempo: basta mettere a confronto una lezione di latino con una serata in pizzeria per capire come il ‘nostro’ tempo corra a due velocità.

Per dare allo studio delle basi, il team ha formato due gruppi di ‘cavie’ ai quali sono stati mostrati due filmati in cui un cameraman passeggiava per la città. Ciascun elemento del gruppo doveva indicare quando pensava che fossero trascorsi 3 minuti e, al termine delle proiezioni, segnalare quale riteneva fosse più lungo, senza fare affidamento su strumenti di misurazione.

Ma c’è un trucco. Ai gruppi, infatti, sono stati mostrati video diversi: al primo sono toccate riprese del cameraman che va prima dal punto A al punto B e poi dal punto B al punto A; al secondo gruppo invece è stato mostrato prima il tragitto A – B e poi un filmato diverso dove il cameraman va da B a C, percorso diverso ma stessa distanza. Entrambi i gruppi hanno saputo stimare correttamente il tempo, ma quando è stato loro richiesto di determinare quale filmato fosse più breve, il primo gruppo ha puntato il dito contro il secondo filmato.

L’esperimento dimostra che il fenomeno è reale e non frutto di una allucinazione collettiva su vasta scala, quanto alle cause le possibili spiegazioni si contendono il podio, come precisa Joseph Stromberg su Vox.

Secondo una teoria maggioritaria la colpa è solo nostra, perché ci concentriamo troppo sul tempo che passa. Secondo altri, invece, è una questione di familiarità del percorso o comunque del contesto. Ci sono addirittura alcuni psicologi che, sulla base di un analogo esperimento, si sono convinti che questo strano effetto non esista affatto e, se percepiamo il viaggio di ritorno più breve, è solo perché ormai siamo convinti che sia così.

A questo punto dovremo scegliere a chi credere oppure fare un nostro personalissimo esperimento approfittando delle prossime ferie estive. Ci risentiamo a settembre per confrontarci…