Il primo cratere meteoritico apparso sulla faccia della Terra

Meteor Crater si trova in Arizona ed è profondo 200 metri e con un diametro di 1.200

E’ il primo cratere meteoritico apparso sulla faccia della Terra: la sua natura e origine è ormai consolidata. Ha tanti nomi, Diablo crater, Cratere di Barringer, Coon Montain o Coon Butte, ma uno è esaustivo più degli altri: il Meteor Crater. Oggi è considerato il cratere meteoritico per antonomasia. Per raggiungerlo occorre partire da Flagstaff, in Arizona, e percorrere 56 chilometri in direzione Albuquerque.

Oltre 50.000 anni fa, durante il periodo del Pleistocene, un grandissimo meteorite di ferro e nichel, che viaggiava alla velocità di 70.000 chilometri all’ora, colpì la pianura rocciosa del Nord dell’Arizona con una forza esplosiva pari ad oltre 20 milioni di tonnellate di tritolo.

Alcuni studi hanno rilevato che l’oggetto avesse un diametro di circa 45 metri, per un peso di centinaia di migliaia di tonnellate. L’impatto tremendo scatenò un’energia sviluppata equivalente a quattro volte la bomba di Hiroshima.

Prima del meteorite c’era una vasta pianura con tantissime piante e animali, che sono stati spazzati via, fino a 150 km di distanza, e il meteorite provocò un cratere profondo circa 200 metri e con un diametro di circa 1.200.

All’inizio del Novecento, quando si credeva ancora che fosse un cratere di origine vulcanica, Daniel Moreau Barringer incominciò a interessarsi al cratere come potenziale miniera di ferro. La scoperta avvenne in seguito, ma la comunità scientifica non si mostrò interessata all’oggetto spaziale. Barringer ritenne inizialmente che il meteorite fosse ancora sepolto all’interno del cratere. Così nel 1903 creò la Standard Iron Company, acquistò l’intera proprietà e, con i fondi del Governo Federale, cominciò la ricerca dell’oggetto del mistero. Per 26 anni. Per poi rendersi conto che questo si era per lo più disintegrato con l’impatto.

Il pezzo di meteorite più grande, trovato nell’area, pesa ben 630 kg e si può ammirare nel Visitor Center. Il museo racconta la storia dell’impatto, tramite simulazioni computerizzate, e consente una visita e una “toccata” alla grande pietra proveniente dallo spazio.

Un’altra ala dell’edificio, invece, è dedicata agli altri crateri presenti sulla Terra, con un occhio di riguardo per quello di Tunguska, in Russia. Ma è lo spettacolo del cratere a ipnotizzare e a far viaggiare i visitatori con la fantasia. Quasi alla velocità della luce.