Dallas: urban cowboys and girls

Il capoluogo della contea omonima, nello stato del Texas

Laghi, fiumi, grandi spazi, grattacieli centri commerciali, consumi massicci, allevamenti a perdita d’occhio, un’area urbana da 6 milioni di abitanti: Big D, Dallas non si fa mancare niente. Non basta che il Dallas Arts District, quartiere artistico che si estende su 19 isolati, pulluli di mostre: la città è in pieno rinnovamento, con il Dallas Center Performing Arts, uno dei progetti culturali più importanti, il Park lane e l’ampliamento del Dart (la società di trasporti della città), una nuova sede per il Musuem of Nature &Science, la ristrutturazione dello storico Mercantile Building e la vicina ThanksGiving Square col loro fascino di metà XX sec., l’ampliamento del Victory Park e decine di progetti multifunzionali dal valore di miliardi di dollari con appartamenti, uffici, negozi, centri sportivi e due nuovi parchi urbani, il Woodall Rodgers Park – con un’area da oltre 3mila posti a sedere, un parco per cani, uno per bambini e uno spazio avventura – e il Trinity River Corridor Project, con ponti, laghi, boschi e ovviamente piste ciclabili. Il tutto entro i prossimi cinque anni. Live large, think big. E’ il nuovo motto.

Poi il pensiero può correre ai pozzi petroliferi, a James Dean (Il Gigante), a J.R. – a proposito il Southfork Ranch dove fu girata la serie si può tranquillamente visitare – fino all’ingombrante ricordo dell’assassinio diJFK: a quel giorno è dedicato il Sixth Floor Museum, aperto proprio nei locali da cui Osvald sparò il 22 novembre del 1963. Perché Dallas non dimentica, è questo il punto, ma guarda avanti.

Da un lato nel cuore della città, alla Pioneer Plaza, il monumento del cowboy con la sua mandria, – qualcosa come 40 vacche in bronzo dalle lunghe corna a dimensione naturale (live large, appunto) – è lì a ricordare il punto esatto in cui passava la Shawnee Trail, il sentiero indiano battuto a metà dell’800. Dall’altro a luglio si tiene la Solar Car Race Challenge a cui partecipano le “scuderie” delle facoltà di ingegneria di tutto il mondo: 3800 km su veicoli a batterie solari fino a Calgary in Canada. Per veri pionieri tecnologici. Le stagioni migliore per visitare la città sono però la primavera e la tarda estate, quando le temperature sono più clementi e si è invogliati a stare all’aria aperta. Da marzo ad agosto il Dallas Arboretum and Botanical Garden si riempie di fiori, nei vari parchi cittadini si può assistere ai concerti della Dallas Simphony Orchestra mentre il Fair Park diventa il posto ideale per feste, picnic o semplicemente per passeggiare: è qui che si trova il simbolo del Texas, Big Tex, un inquietante pupazzone parlante alto 16 metri, che per la cronaca porta jeans denim 284W/185L (una XXXXXL per intenderci).

I cowboy odierni girano con delle auto customizzate pazzesche, se non per decorazioni in dimensioni, continuano a indossare stivali e cappelli di tutte le fogge (per non sbagliare mai: tra la punta dell’orecchio e l’inizio del cappello non devono esserci più di due dita), le steakhouse non si contano (incredibile la varietà di modi in cui si può scegliere il grado di cottura ) così come i locali in cui si suona e balla la musica country. Imperdibile la visita al Gilley’s dove si può provare a cavalcare il toro meccanico di Urban Cowboy.

Show con prodezze spettacolari si possono vedere anche al Mesquite Rodeo, ogni venerdì e sabato da aprile a settembre a Mesquite (una cittadina a un quarto d’ora da Dallas) ma più ancora a Forth Worth, poco lontano a Ovest, dove i conduttori di bestiame si fermavano per riposare e rifornirsi di cibo prima di attraversare il Red River ed entrare nei territori indiani. Migliaia e migliaia di capi che la resero ben presto famosa come Cowtown. Il Cowtown Coliseum, edificio che ne simboleggia la storia, ha ospitato il primo rodeo indoor nel 1918 ed è qui che bisogna venire se se ne vuole vedere uno.

A Fort Worth c’è poi il National Cowgirl Museum, il primo museo al mondo che celebra le donne che nel tempo hanno incarnato con il loro coraggio lo spirito intraprendente del West. Come Sacagawea, indiana Shosone degli inizi dell’800, la prima a entrare nella Hall of Fame. Qui le donne possono iscriversi all’università delle cowgirl per imparare i rudimenti della vita western. L’anno scorso c’era Wantha Davis, una nonnina di 90 anni dall’apparenza innocua. «Paura? Non ho mai avuto paura. Quando si è su un cavallo, non si ha tempo per pensare». Carattere di ferro, niente frustino ma solo buone parole.

Per chi vuole spingersi ancora più in là, senza andare troppo lontano (ma qui è un altro concetto) c’è il Colorado Bend State Park, vicino a San Saba, raggiungibile in 4 ore d’auto. È uno dei meno sviluppati sebbene sia nato ventina d’anni fa, in parte per le dimensioni eccezionali, in parte per la precisa volontà di mantenerlo selvaggio: pochi siti per accamparsi e niente elettricità. Un parco tutto da esplorare, con sentieri da fare a piedi e in mountain bike, al riparo di rocce dai colori suggestivi, corsi d’acqua da guadare e cave da visitare. Tra noci, felci e cactus non è raro avvistare armadilli, scoiattoli, coyote, falchi dalla coda rossa e aquile, raramente leoni di montagna. L’avventura è assicurata.