Tutti i nodi da sciogliere sul passaporto vaccinale

Il passaporto vaccinale è già realtà, ma quali sono ancora i nodi da sciogliere a tal proposito?

Il passaporto vaccinale è ormai (e davvero) quasi realtà. Molti Paesi europei, infatti, ne hanno già annunciato l’utilizzo, mentre molti altri Stati del Mondo sono pronti a lanciarlo o ci stanno pensando su. Ma non solo, è da poco astato annunciato l’imminente arrivo del Digital Green Pass da parte dell’Unione Europea (Ue). Eppure continuano a esserci ancora molti nodi da sciogliere al riguardo.

Partiamo dal presupposto che il vaccino contro il Covid-19 è l’unica e reale alternativa (e soluzione) attualmente a disposizione per tornare alla tanto bramata normalità. Ma non solo, è giusto sempre ricordare che il passaporto vaccinale, come spesso abbiamo ribadito anche noi di SiViaggia, non nasce con l‘obiettivo di rendere obbligatorio il vaccino. Tutto il contrario. Infatti, coloro che avranno potuto (o voluto) sottoporsi al vaccino avranno, semplicemente, la possibilità di usufruire di maggiori libertà. Vale a dire che tutte le persone che non lo avranno fatto (o potuto fare per qualsivoglia motivo) saranno costretti a usufruire di tamponi e quarantene (con relativi costi di servizio), ma comunque liberi di viaggiare in base alle normative del Paese di destinazione e di quello di ritorno.

Tuttavia, la realtà dei fatti è che siamo ancora in una fase embrionale di questa soluzione per rilanciare il turismo. E tantissimi sono (anche oggi) i nodi da sciogliere a tal proposito.

Per esempio, con un comunicato dell’1 marzo 2021 il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto per dire che le informazioni relative allo stato vaccinale sono particolarmente delicate e che, quindi, un loro trattamento non corretto potrebbe determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone. Situazioni delicate che, in questo caso specifico, potrebbero tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali.

Pertanto, il Garante ha sottolineato che ritiene che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale di una persona, ai fini dell’accesso a determinati luoghi o per il godimento di taluni servizi, “debba essere oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza”. Un’affermazione che, tuttavia, non esclude assolutamente l’uso di certi documenti.

Ma non solo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in questo specifico momento non consiglia tali passaporti. E il motivo è, dal loro punto di vista, piuttosto semplice: non sono del tutto chiare le leggi comuni che dovrebbero aiutare il turismo globale. Tuttavia, si sono dichiarati comunque disponibili a trovare soluzioni comuni.

Nel frattempo, gli Stati europei (e non solo) vanno per la loro strada a tal punto che ognuno di questi cerca a modo proprio di garantire una maggiore mobilità alla popolazione. Proprio per tale motivo (e nonostante le difficoltà)  l’Oms ha dichiarato che collaborerà con tutti Paesi interessati e che, a un certo punto, fornirà (come accennavamo poco sopra) le sue raccomandazioni sui dati che dovrebbero essere contenuti in tali documenti.

Ad ogni modo c’è anche un altro settore fondamentale da considerare a tal riguardo: quello delle compagnie aeree. Infatti, a creare problemi in questo contesto sono anche loro. Mentre molti vettori stanno già implementando applicazioni a tal proposito in tutto il mondo, Ryanair, ovvero una delle maggiori low cost di tutta Europa, ha deciso di avere una voce controcorrente.

La compagni a basso costo, infatti, durante la peggior crisi del trasporto aereo degli ultimi decenni, ha annuncia che, a differenza delle altre aerolinee (tra cui moltissime big del settore), rifiuterà il passaporto sanitario che l’Unione europea sta varando in queste settimane.

Secondo il giornale spagnolo Preferente, il vettore irlandese si starebbe smarcando dal coro di approvazione per il pass europeo che dovrebbe salvare il turismo, adducendo la motivazione che questo strumento andrebbe contro il sistema del libero mercato, e avrebbe dichiarato che non richiederà nessun certificato di vaccinazione ai passeggeri.

Tuttavia, l’Europa sembra non interessarsene. Basti pensare a Svizzera e Austria che, proprio in questi ultimi giorni, hanno annunciato che intendono lanciare un progetto che evochi la possibilità che i viaggiatori debbano dotarsi di un passaporto vaccinale per muoversi liberamente da un Paese all’altro (e ripetiamo: per liberamente si intende accedere in altri Paesi senza sottoporsi a tamponi e/o quarantene. Senza escludere la possibilità di viaggiare a coloro che saranno sprovvisti di vaccino).

E su questo argomento delle piccole perplessità arrivano anche dall’Italia e in particolare con Assoturismo Roma Confesercenti che esprime importanti dubbi a fronte delle poche vaccinazioni che in ogni Nazione (ad oggi) sono state realmente effettuate. Un documento che, secondo loro, sarebbe discriminate per chi non ha ricevuto il vaccino, non  può farlo o non vuole farlo.

Dall’altro lato, però, c’è il ministro Speranza che in accordo con il nuovo Governo Draghi ha dichiarato che la linea relativa al passaporto vaccinale sarà (ed è) quella dichiarata dalla stessa Unione europea, ma che tuttavia, è ancora presto per parlarne definitivamente.

Quel che fino a questo momento sembrerebbe certo è che a tal proposito è intervenuta anche la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha affermato che l’Unione europea intende lanciare, verso il termine di questo stesso mese, un passaporto vaccinale elettronico. Ma non solo, quel che è evidente è che nello stesso momento in cui sarò possibile usufruirne i Paesi membri potranno decidere autonomamente se portare avanti o meno il piano, riconoscendo reciprocamente i certificati di vaccinazione dei cittadini degli altri Paesi.

E nel frattempo l’altra realtà dei fatti è che molti Paesi hanno già iniziato a usarlo. Prima tra tutti la Grecia che ha iniziato a rilasciare ai suoi cittadini il certificato digitale di vaccinazione contro il Covid-19. Ma non solo, il Paese ellenico ha anche creato dei modelli turistici da seguire a livello globale e a cui anche alcune zone italiane si stanno, giustamente, ispirando.

Insomma, le questioni legate all’implementazione del passaporto vaccinale (o meno) sono ancora molto delicate. Ma quel che è certo è che il turismo ha bisogno di essere rilanciato il prima possibile e che un documento del genere, se ben utilizzato, non crea alcuna discriminazione, ma solo regole (giustamente) differenti in base alla vaccinazione. Del resto, e come già detto, l’obiettivo di tutto ciò è rendere il più facile possibile lo spostamento dei viaggiatori già vaccinati. Ma non di certo di impedirlo a tutti coloro che non avranno voluto (o potuto) immunizzarsi contro il Covid-19.