Scoperta un’incredibile barriera corallina al largo della Puglia

A due chilometri dalle coste di Monopoli, celata dalla profondità, è stata scoperta la prima barriera del Mar Mediterraneo

È una scoperta che ha dell’incredibile, quella annunciata dai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari: al largo della Puglia esiste una barriera corallina simile a quella delle Maldive, oppure del Mar Rosso.

A circa due chilometri dalle coste di Monopoli, tra i 40 e i 55 metri di profondità, i sub si sono imbattuti in una scogliera straordinaria. Una scogliera che è sempre stata lì, sotto gli occhi di tutti, ma che mai nessuno prima d’ora aveva notato. Ora, l’ipotesi degli scienziati è che quella barriera corallina, la prima con caratteristiche simili a quella equatoriale ad essere stata scoperta nel Mar Mediterraneo, possa estendersi da un lato fino a Bari e dall’altro sino a Otranto.

Le ricerche sono cominciate tre anni fa, quando per la prima volta Giuseppe Corriero – direttore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari e capo della spedizione – si è imbattuto in qualcosa di strano. Un qualcosa che meritava d’essere approfondito. «Nella carriera di un ricercatore una fortuna del genere capita una sola volta» ha dichiarato, descrivendo quella prima barriera corallina italiana modificata da madrepore, dalle importanti caratteristiche batimetriche e di spessore.

Sebbene sia simile alle barriere coralline delle Maldive o del Mar Rosso, quella italiana ha caratteristiche uniche: alle Maldive così come in Australia, i processi di simbiosi delle madrepore sono facilitati dalla luce, mentre qui domina la penombra e quegli animaletti marini che costituiscono i corallini bianchi formano imponenti strutture di carbonato di calcio, senza alghe. I colori della barriera corallina italiana sono dunque più tenui: l’arancione, il rosso, il viola.

Perché non è mai stata vista prima d’ora? Perché si trova davvero in profondità, e solamente sub professionisti con robot filoguidati e dotati di telecamera hanno potuto individuarla. Ora, i ricercatori dell’Università di Bari (insieme agli studiosi dell’Università del Salento e dell’Università di Tor Vergata, che hanno co-partecipato alla spedizione) hanno allertato l’Ufficio parchi e tutela della biodiversità della Regione.

Perché questo è un tesoro incredibile, e come tale va rispettato e preservato. Potrebbe diventare un’attrattiva turistica, certo, ma prima di tutto è necessario che – come Paese – ce ne prendiamo cura.

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