Passaporto vaccinale: ecco come potrebbe funzionare

Sarà un'applicazione, proteggerà i viaggiatori e permetterà a tutti di vagare per il mondo

L’Europa, ma non solo, ha lanciato il passaporto vaccinale, un documento che consentirà ai viaggiatori immunizzati contro il Covid-19 di viaggiare più liberamente (ovvero senza tamponi e quarantene) all’interno dei confini europei e anche oltre. Tanti sono ancora i nodi da sciogliere, tuttavia, questo certificato è ormai realtà ed è necessario per tutti capire come potrebbe funzionare.

Passaporto vaccinale: a che punto siamo

Si chiamerà, come ha twittato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, “Digital Green Pass” e avrà l’obiettivo di fornire la prova che una persona è stata vaccinata contro il Covid-19; i risultati dei test relativi al Coronavirus per coloro che non hanno ancora potuto ottenere un vaccino; informazioni su chi è guarito dal Covid-19 e, di conseguenza, la possibilità per i cittadini d’Europa immunizzati di muoversi in sicurezza all’interno dell’Ue e fuori dai confini (qui i Paesi extra Ue che stanno adottando il passaporto vaccinale).

Ma non solo, ci sono anche diversi settori privati che stanno lanciando passaporti vaccinali. Basti pensare al Travel Pass IATA, sviluppato dall’International Air Transport Association per i viaggiatori. Ma anche il CommonPass creato da The Commons Project Foundation, un’organizzazione no profit che costruisce piattaforme di dati digitali per il bene pubblico, e che sarà utilizzato da Jet Blue, Lufthansa e United nelle prossime settimane.

Come abbiamo spiegato anche noi di SiViaggia, l’idea non è priva di controversie. In particolare queste sono presenti tra gli attivisti dei diritti umani, i sostenitori della protezione dei dati e i Paesi con accesso limitato ai vaccini. Tuttavia, i passaporti dei vaccini, se implementati correttamente, offrono uno dei percorsi più veloci e sicuri per controllare il Coronavirus, sostenendo al contempo le economie devastate dalle restrizioni indotte dal Covid-19.

Infatti, l’industria del turismo è la più desiderosa di metterli in pratica. Basti pensare alla stessa Sardegna che dal giorno 8 marzo accoglierà nel suo favoloso territorio solamente i visitatori con vaccino effettuato, o coloro che si sottoporranno a un tampone con esito negativo.

Dall’altro lato compagnie aeree come Qantas chiedono già la prova della vaccinazione o della guarigione dal Covid-19 per i voli internazionali, così come lo stanno facendo anche alcune compagnie di crociera. La Spagna e la Grecia, le cui economie dipendenti dal turismo hanno un disperato bisogno di una robusta stagione estiva di viaggi, stanno valutando l’apertura di corridoi di viaggio con il Regno Unito, mentre il Paese ellenico ne ha già aperto uno con Israele e, rispettivamente, ai cittadini che possono dimostrare il loro stato di vaccinazione.

Come funziona il passaporto vaccinale

Fino a questo momento quel che sappiamo sul funzionamento dei passaporti vaccinali sono le seguenti cose: nella maggior parte dei casi consisteranno in un’applicazione che gli utenti potranno mostrare ai funzionari per dimostrare il loro stato di salute.

L’app CommonPass, per esempio, notificherà agli utenti le regole di ingresso di un determinato Paese come la necessità di essersi sottoposti a un vaccino, o di ottenere un test Covid-19 negativo. In poche parole aiuterà a verificare che i viaggiatori abbiano soddisfatto i requisiti di ingresso (e rientro), connettendosi con la clinica, l’autorità sanitaria o la farmacia che ha fornito il servizio, oppure chiedendo al consumatore di scaricare i risultati dei test o le informazioni sulla vaccinazione sul proprio telefono.

I dati stessi non verranno memorizzati sul telefono dell’utente (anche a tutale della privacy). Infatti l’applicazione genererà un codice QR che potrà essere scansionato proprio come una carta d’imbarco digitale, confermando che il cliente ha soddisfatto i requisiti. I viaggiatori senza smartphone, invece, potranno stampare i codici di conferma.

Perché non va bene il vecchio “cartellino giallo”

La scelta ricade su questo tipo di tecnologia perché, anche se alcuni Paesi, come per esempio quelli dell’Africa e dell’Asia, chiedono già da tempo ai visitatori la prova della vaccinazione contro la febbre gialla e altre malattie, la verità è che il “cartellino giallo” utilizzato per verificare tali requisiti è facile da falsificare e difficile da sostituire (ottenere un vaccino aggiuntivo è spesso più semplice che ottenere un nuovo cartellino, anche se non è consigliato dal punto di vista medico).

Questo vuol dire che avere questo tipo di “carte” vaccinali contro il Covid-19 sarebbe particolarmente complicato. Infatti, con una grande domanda e, allo stesso tempo, scorte limitate di vaccini, il potenziale di frode è alto. Lo stesso vale per la possibilità di confusione: ci sono più vaccini attualmente in uso a livello globale, con altri in cantiere. E le persone che hanno già avuto il virus potrebbero, in futuro, aver bisogno di requisiti vaccinali diversi.

Gestire tutto questo, quindi, potrebbe rappresentare una grande sfida per i funzionari dell’immigrazione, i banchi del check-in delle compagnie aeree e altri professionisti.

Inoltre, i governi desiderano che i viaggi e il commercio riprendano il più rapidamente possibile, ma con la necessità primaria di tutelare la salute e la sicurezza delle loro popolazioni. Vale a dire che se tutti presentassero “pezzi di carta” in diverse lingue su qualche test che, presumibilmente, è stato eseguito dall’altra parte del pianeta, sarebbe davvero complicato controllare ogni fattore in gioco.

Avere, perciò, un pass per la salute riconosciuto universalmente significherebbe possedere la certezza che la persona che vuole entrare in un determinato territorio, è la stesso essere umano che ha effettivamente ricevuto quel vaccino, che tipo di inoculazione e quando. Inoltre, si avrebbero anche informazioni riguardanti i laboratori in cui tale test è stato effettuato, al fine di verificarne l’effettivo e corretto funzionamento.

Quali sono i diritti dei viaggiatori

Tuttavia, possedere tale certificazione non significherà avere il completo via libera e tornare alla vita pre-pandemia. Infatti, dovranno comunque essere mantenute le misure di distanziamento sociale. Del resto, non tutti potranno o vorranno ricevere il vaccino. Inoltre, fino a quando i vaccini non saranno universalmente disponibili sarà necessario anche indossare le mascherine di protezione e continuare a lavarsi le mani.

Il passaporto vaccinale, quindi, non porterà sin da subito alla normalità. Anzi, al momento attuale è solo un piccolo passo verso un principio di ripresa economica. Basti pensare che ci sono anche altri settori, oltre ai viaggi, che potrebbero trarre beneficio da questa documentazione: le università potrebbero aprirsi con fiducia sapendo che i loro studenti sono vaccinati, i datori di lavoro potrebbero ricominciare ad assumere, i cinema e le sale da concerto potrebbero rispalancare le loro porte.

In conclusione, l’applicazione del passaporto vaccinale è davvero alle porte. Un sistema che permetterà al turismo di cominciare a rinascere senza, però, rendere obbligatorio il vaccino. Semplicemente consentendo ai viaggiatori vaccinati di avere maggiori libertà, come il non doversi sottoporre a tamponi e quarantene. Il tutto garantendo, comunque, la possibilità di viaggio anche a chi non sarà immunizzato contro il Covid-19. Viaggiatori che, dal canto loro, per accedere al Paese di destinazione e per ritornare al proprio dovranno sottoporsi alle norme d’ingresso in vigore, tra cui tamponi e quarantene (con i relativi costi).