Abbiamo sempre considerato il last minute una vera e propria strategia vincente, per riuscire a prenotare vacanze low cost in posti bellissimi – e solitamente al di fuori della portata delle nostre tasche. Ma la pandemia ci ha messo lo zampino, e oggi questo trucchetto non è più efficace.
Anzi, i prezzi delle prenotazioni dell’ultimo momento hanno subito un’impennata notevole. E un nuovo studio spiega il perché.
Covid, così ha cambiato le nostre abitudini
Negli ultimi due anni, le abitudini di viaggio degli italiani sono nettamente cambiate. Tra chiusure dei confini, restrizioni negli spostamenti (anche sul nostro stesso territorio) e un pizzico di paura, molti hanno rinunciato alle vacanze e tanti altri hanno preferito qualcosa di più alla mano, optando magari per un weekend fuori porta o una gita nella natura - dove è possibile rispettare al meglio il distanziamento sociale. Ma negli ultimi mesi, finalmente, il settore turistico ha cominciato a vedere la luce in fondo al tunnel.
Il Covid ha allentato la sua morsa e molti Paesi stanno pian piano riaprendo le frontiere ai visitatori. Anche per gli italiani è tornato il momento di riprendere a viaggiare. Certo, sono ancora tante le famiglie che puntano a spendere il meno possibile, perché la crisi dovuta all'emergenza sanitaria ha colpito duramente tutti noi. E il last minute è sempre stata la scelta d'eccellenza per organizzare una vacanza low cost. Purtroppo, secondo un nuovo studio non è più così. A svelarlo è il rapporto Due anni di pandemia: il bilancio del settore alberghiero italiano, redatto dall'agenzia AlbergatorePro.
Last minute, perché non è più conveniente
Il report tiene conto dei dati ricavati durante il biennio 2020-2021, provenienti da fonti come l'Istat e la Federalberghi. Ne è emerso un aumento delle prenotazioni dell'ultimo momento, che - come abbiamo visto - si spiega bene con l'esigenza di trovare prezzi migliori per le proprie vacanze. La "booking window", ovvero il periodo di tempo che intercorre tra la data di prenotazione e quella di check-in, è passata dai 54 giorni del 2019 ai 37 giorni dello scorso anno. Addirittura, nelle città d'arte del nostro Paese questo tipo di prenotazioni rappresenta il 30% del totale.
E per far fronte a questo repentino cambiamento, gli albergatori hanno dovuto apportare qualche modifica alle loro tariffe. Il rincaro è dunque giustificato dalla difficoltà che le strutture stanno fronteggiando per organizzare soggiorni con un anticipo sempre più breve. Senza contare un inevitabile calo della qualità dei servizi, con cui i vacanzieri sembrano dover avere a che fare. Il risultato è interessante (e un po' preoccupante, per chi era abituato al last minute): l'incremento del prezzo della stessa camera in un dato giorno è in media del 28%.
Gli altri trend di viaggio
Oltre all'aumento dei costi per il last minute, ci sono altre tendenze curiose per quanto riguarda il mondo dei viaggi. Il rapporto ha infatti individuato un incremento delle prenotazioni dirette in struttura, a scapito dei portali di prenotazione (le Online Travel Agencies, alias OTA). Gli italiani preferiscono telefonare in albergo e fissare il proprio soggiorno in almeno il 36% dei casi. Ciò potrebbe avere innegabili vantaggi su entrambi i fronti: gli albergatori risparmiano sui costi di commissione - che possono oscillare tra il 15% e il 20% -, mentre i clienti possono ottenere uno sconto o alcuni servizi aggiuntivi gratuiti.