Dozza, il borgo della provincia di Bologna elogiato da “Forbes”

A metà tra Toscana ed Emilia Romagna svetta questo splendido borgo medievale, città dei "murales"

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Redazione

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Tra le verdeggianti colline dell’appennino tosco-romagnolo che tratteggiano il versante occidentale dell’Emilia Romagna, ci si imbatte nel piccolo comune di Dozza, un borgo medievale di rara bellezza sito sul crinale di un colle. Da qui, la collina svetta fiera sulla valle del fiume Sellustra e riscende dolcemente verso la via Emilia, a una manciata di chilometri da Imola e a meno di un’ora da Bologna.

Dopo aver elogiato Galatina e Rimini, la rivista statunitense “Forbes” la annovera tra i borghi italiani da visitare, meta definita “imperdibile” anche più di Firenze, Venezia e Roma, per chi desidera ritrovare tutta l’autenticità e il fascino di un tempo lontano e mescolarlo ai sapori della tradizione eno-gastronomica del luogo.

Un borgo incorniciato da vigneti che si estendono a perdita d’occhio, i cui filari si rincorrono attraverso pendii dai profili morbidi quasi a delimitare con le loro geometrie perfette il confine occidentale tra la Romagna e l’Emilia.

Un paesaggio idilliaco dominato da una maestosa Rocca Sforzesca – la Rocca di Caterina – perfettamente conservata, così come le mura e i tetti delle case che compongono questa borgata, un tempo conosciuta con il nome di ‘Ducia’ che significa letteralmente ‘Doccia’.

A guardarla bene, viene da chiedersi cosa c’entri Dozza con l’acqua, la grande assente – e al tempo stesso assoluta protagonista – della storia di questo luogo entrato a buon diritto nel novero dei 295 Borghi più belli d’Italia.  L’acqua dovrebbe essere, per Dozza, quasi un paradosso considerando che da secoli essa ha fatto del buon vino una delle sue più raffinate eccellenze.

Eppure tutto parla di lei: lo stemma del Comune con il grifone araldico che si abbevera da una conduttura da cui sgorga dell’acqua; i resti di un antico acquedotto costruito per raccogliere l’acqua da Monte del Re e far fronte ai periodi più siccitosi; i toponimi delle chiese, delle stradine e dello stesso borgo: “Duza” o “Ducia” in latino non vuol dire semplicemente “doccia”, ma come suggerisce l’etimologia del termine, “canale” in cui scorre l’acqua.

“Il borgo dalle mura dipinte” o, se preferite, “il museo vivente”: così è conosciuta oggi Dozza. E ad accendere i fari su questo minuscolo borgo medievale ha contribuito senza dubbio la Biennale del Muro Dipinto, lanciata su iniziativa comunale negli anni Sessanta. Una manifestazione che nel tempo è diventata una permanente di arte di strada e che ha visto gareggiare artisti contemporanei già affermati e talentuosi esordienti per conquistare la possibilità di dipingere le facciate e le porte degli edifici del paese.

Ed è così che ogni due anni, a settembre, nuove opere vedono la luce sui muri e sugli usci ancora liberi di questa piccola fortezza medievale che convive in totale armonia con il luccichio contemporaneo della “Street art”. Alcune cominciano a mostrare i primi segni del tempo tradite da una leggera patina velata, altre invece brillano ancora nei loro colori sgargianti. Muri d’autore, insomma, che raccontano in un susseguirsi continuo più di 200 storie, da oltre mezzo secolo.

Se ti è piaciuto il nostro racconto ascolta il podcast: Virgilio e Italia ti guideranno alla scoperta di questo borgo e degli altri 100 borghi del cuore scelti da SiViaggia.