Viaggio all’estero? Ecco i 10 piatti da evitare a ogni costo

Nessuna curiosità per la cucina esotica può bastare per farvi apprezzare queste pietanze: se vedete il loro nome girate alla larga...

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Redazione

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Viaggiare all’estero è un’esperienza appagante sotto moltissimi punti di vista, uno dei più stuzzicanti dei quali è certamente quello di assaggiare la cucina locale. Paese che vai, usanza che trovi: non è solo un luogo comune, e in certi casi è bene stare molto attenti prima di sedersi a tavola e accettare a occhi chiusi qualsiasi cosa ci venga offerta. Ecco, ad esempio, alcune situazioni in cui è sempre meglio evitare di trovarsi.

Partiamo da un grande classico: l’acqua corrente. In moltissimi Paesi del mondo non è consigliato fidarsi di qualsiasi bicchiere d’acqua o cubetto di ghiaccio ci venga servito. Uno di questi, notoriamente, è il Messico. Nella capitale Città del Messico è opportuno procurarsi il “garrafon“, un contenitore di acqua purificata le cui dimensioni possono variare dai 3 ai 20 litri. Questa acqua dovrà essere utilizzata non solo per bere, ma anche per cucinare, lavare gli alimenti e (se non siete in un centro particolarmente ricco) per lavare denti e stoviglie.

Riguardo agli alimenti veri e propri, spesso e volentieri a costituire un possibile problema c’è il pesce. In Thailandia va per la maggiore la Som Tam, un’insalata verde molto saporita e piccante, la cui base è composta da papaya e una salsa di pesce fermentato (gamberi essiccati o granchi d’acqua dolce fermentati) che in certi casi sfiora la putrefazione. L’organismo degli occidentali non è abituato a questo tipo di alimento e le reazioni potrebbero essere anche molto violente.

Un problema simile potrebbe verificarsi in un luogo completamente diverso, l’Islanda. Qui un piatto tipico e dalla storia cinquecentenaria è lo hákarl, che altro non è che squalo putrefatto: perfino molti islandesi si rifiutano di mangiarlo e talvolta viene proposto al turista straniero come una sorta di “sfida”.

In Corea, invece, state attenti se passeggiando trovate un venditore ambulante che vi offre Beondegi: nonostante l’aspetto simpatico, questi stuzzichini sono infatti crisalidi di bachi da seta bollite o in umido. Il loro sapore pare ricordare il legno o la resina, ma non è certo qualcosa di piacevole al nostro palato. Spostandosi in Giappone un nome che dovrebbe mettervi in allarme è Medama: si tratta di occhi di tonno, commercializzati dagli anni ’90 dopo che è stato scoperto che contengono una forte concentrazione di acido docosaexaonico, ma il cui sapore sembra essere nauseabondo per i giapponesi stessi. Attenzione dunque, anche quando andate a mangiare sushi nella sua terra d’origine. Non tutto è uguale: il Narezushi ad esempio è pesce riempito di sale al suo interno, pressato e lasciato a macerare per tre settimane. In seguito viene estratto e inserito insieme al riso in un barile per un tempo che può essere anche di un anno. Versione ancora più estrema è il Funazushi, che può addirittura riposare per 8 anni prima di esser(vi) servito.

Dal Messico eravamo partiti e in Messico torniamo. Qui vi segnaliamo due pietanze dal nome particolarmente esotico ma dal contenuto che evitabilissimo: l’Huitlacoche, che si traduce in “tartufo del mais” ma di fatto è un fungo parassita del più diffuso cereale della zona, o l’Escamole, che ha l’aspetto del cous cous ma è composto da larve di formiche recuperate dalle radici dell’Agave tequiliana. Lo stesso albero, insomma, da cui si ricava il più famoso liquore locale. Indispensabile, forse, se doveste scoprire di esservi nutriti di funghi parassiti o larve di formiche.

Ultimo accorgimento: se siete all’estero diffidate dai ristoranti italiani o, molto spesso, presunti tali. Ogni volta che vedete la scritta Pasta Primavera (soprattutto negli States) sappiate che dietro non c’è la nostra tradizione ma un trittico di chef di varie provenienze che hanno creato questo piatto a base di fusilli, basilico, pinoli, panna, verdura fresca, piselli e chi più ne ha più ne metta. Un altro classico sono le Fettuccine Alfredo o tutto ciò che sia griffato Alfredo: non c’è dietro nulla di gradevole al palato italiano, statene alla larga! Infine, anche se sembra superfluo specificarlo, se vedete un’insegna con la scritta “Macaroni” (con una sola C) tirate dritto senza alcuna esitazione.