Chi l’ha detto che nei monasteri vige ancora la regola “ora et labora”? In alcuni si producono anche degli ottimi… liquori!
Non tutti sanno che in molte parti del mondo ci sono conventi in cui si tramandano secolari tradizioni enogastronomiche: tra una preghiera e l’altra i monaci producono prelibate bevande alcoliche che hanno dato lustro ai loro monasteri.
Tra i prodotti più noti c’è lo Chartreuse, liquore prodotto nel Monastero di Grande Chartreuse, in Francia. Nel 1605 fu Francois Annibal d’Estrées a creare un manoscritto con la preziosa ricetta: oggi ne esistono due varianti, una gialla e una verde, tutte realizzate nell’omonimo monastero francese usando un distillato che proviene dal vicino villaggio di Voiron.
Anche in Italia c’è una struttura religiosa nota per la produzione di bibite: si tratta del Monastero di San Benedetto di Norcia, dove i monaci realizzano ben due specialità che interpretano la tradizione birraia belga, ovvero la Birra Nursia Bionda e la Birra Nursia Extra. I proventi della vendita delle birre sono usati per il sostentamento dei religiosi, la cura e ristrutturazione dell’antico monastero e l’accoglienza dei più bisognosi. Quindi, oltre all’innegabile gusto, ci sono altri validi motivi per acquistarne qualche bottiglia.
Restando in tema di birre non poteva chiaramente mancare un monastero del Belgio: l’abbazia di San Sixtus è il luogo in cui sono nate le celebri Westvleteren. Al giorno d’oggi quello del monastero è l’unico birrificio trappista nel quale i monaci seguono tutto il processo produttivo, dalla produzione all’imbottigliamento. Anche la distribuzione della birra è realizzata direttamente dal monastero senza intermediari e con regole rigidissime.
Dal Belgio alla Scozia con il vino liquoroso Buckfast Tonic Wine prodotto nell’abbazia cattolica benedettina di Buckfast. La ricetta della bevanda viene dalla Francia, ma fu cambiata nel 1927 perché avesse un sapore meno aspro: per realizzarlo, i monaci selezionano del vino e vi aggiungono una serie di sostanze, tra cui caffeina e succo di ribes concentrato. Nonostante la provenienza “sacra”, il consumo di Buckfast è associato a comportamenti violenti ed aggressivi, risultati dall’insolito mix di alcol e caffeina. Sarebbe quindi consigliabile consumarlo in piccole dosi, magari tenendosi al caldo davanti al camino in casa o, volendo, nelle celle del convento.