Weekend vulcanico sull’Etna

Alla scoperta del più titanico tra i vulcani attivi e dei suoi dintorni

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SiViaggia

Redazione

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Mille metri di cavo non bastano a toccarne il fondo: l’Etna, il più titanico tra i vulcani attivi (le sue eruzioni sono mitologicamente attribuite all’ira dei figli di Urano, ribelli a Zeus e condannati per l’eternità a restare nelle viscere della terra), vanta un cratere di una profondità ineguagliata e dimensioni tali, con i suoi 3.323 metri d’altezza, da consentire lo spettacolo unico di una discesa con gli sci con vista sul mare. Anche quando la precoce primavera siciliana si annuncia già, a valle, coi primi mandorli in fiore.

Ed è soprattutto in questa stagione che la suggestione di Mongibello (più familiarmente Iddu, per gli abitanti dei comuni circumetnei) si presenta al massimo del suo splendore, in una mescolanza inedita e irriproducibile di acri zaffate sulfuree che scaturiscono dalle viscere del vulcano, insieme col profumo di zagare degli agrumeti coltivati alla base del monte, che trascolorano, via via che si guadagna quota e si supera la “cintura” verde di noccioli, mandorli, pistacchi e castagni, nell’aroma pungente dei pini, mentre il sottobosco si accende del giallo intenso delle ginestre.

Fauna e flora ricchissima, insieme con una lunga carrellata di prodotti tipici (miele, pistacchi, mandorle, pecorino e poi ciliegie, fico d’india, mele gelato e funghi dell’Etna), questo l’antipasto offerto all’appassionato naturalista, che non mancherà di raggiungere i crateri principali del vulcano in escursioni a propria misura: dalle più lunghe e faticose, per chi vuole godersi appieno un percorso di trekking tra bottoniere di crateri e grotte di scorrimento lavico, sincopato dai borbottii tonanti del vulcano, a quelle più abbordabili in jeep al seguito delle guide alpine.

I turisti che preferiscono le pendici più verdi possono salire in quota dal versante Nord viaggiando sulla panoramica strada Mareneve e raggiungendo a bordo di un fuoristrada, da Piano Provenzana, i 3000 m, per poi proseguire a piedi a costeggiare le bocche del vulcano. A fine escursione, da lì si può scendere ai comuni di Zafferana Etnea (mozzafiato la vista che si gode da piazza Umberto I e che spazia fino alla Calabria e al Golfo di Siracusa), di Sant’Alfio e Milo, che valgono senz’altro una visita.

Più brullo e lunare, con le sue pendici nero lava, il paesaggio che si gode dal versante Sud: raggiunto il rifugio Sapienza a quota 1.910 metri, si prosegue in funivia fino alla Torre del Filosofo a 2.900 metri: i più in forma potranno superare un dislivello di altri 400 metri in un percorso a piedi della durata di circa un’ora e mezza, fino alla grande terrazza craterica del cono centrale dell’Etna. Il giro può proseguire con un tour attraverso i paesini di Aci Sant’Antonio, Viagrande (entrambi con chiese settecentesche), Trecastagni (teatro di un’emozionante processione tra il 9 ed il 10 maggio), Pedara (con il suo Duomo dalla cuspide maiolicata) e Nicolosi, nota come “porta dell’Etna”.

Lungo la circumetnea, incontriamo i comuni di Misterbianco, con l’imponente chiesa settecentesca di S. Maria delle Grazie, di Paternò, scelta da Ruggero II per edificarvi nel 1072 un castello sull’alto di una rupe, di Santa Maria di Nicodia, dell’antica Adrano, fondata nel V secolo dal tiranno Dionisio I, con il suo caratteristico castello normanno squadrato e di pietra lavica, di Bronte, Randazzo, Giarre, Riposto e Linguaglossa, con la sua riserva naturale di Fiumefreddo, dove a ridosso delle risorgive di Testa dell’Acqua e delle Quadare cresce il papiro.

Un weekend nei dintorni dell’Etna non manca di soddisfare anche chi, oltre alla montagna, non sa rinunciare al piacere del mare: vista la bella e barocca Acireale, nota località termale che domina dall’alto la lussureggiante Riviera dei Ciclopi, lungo la statale 14 in direzione Catania si incontrano i borghi marini di Aci Castello, la cui fortezza normanna del 1026 si affaccia sul mare dall’alto di uno sperone, e Aci Trezza, il borgo dove Giovanni Verga ambientò I Malavoglia, celebre per i faraglioni che svettano in mare, scagliati secondo la leggenda dal ciclope Polifemo contro la nave di Ulisse.