Pompei, il mistero dei reperti maledetti

Da anni una maledizione si abbatte sui turisti che rubano gli antichi reperti della città

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Redazione

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Sarebbero centinaia i reperti archeologici rubati a Pompei dai turisti e restituiti alla Sovrintendenza con tanto di lettere di scuse.
A confermare la curiosa notizia il Sovrintendente di Pompei, Massimo Osanna, che dichiara a Il Messaggero: “Riceviamo decine di pacchetti postali ormai da anni per centinaia di reperti. Qualcuno non nasconde neppure il vero motivo: da quando ho in casa il reperto, la sfortuna mi perseguita…”

Non solo Tutankhamon o Montezuma dunque: pare infatti che anche su Pompei aleggi una maledizione, che perseguita a suon di disgrazie chiunque si azzardi a trafugare reperti dell’antica città sepolta da una pioggia di cenere durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Pompei si vendica, portando un’incredibile sfortuna a chi osi portare via un pezzo di città, e non risparmia neanche la famiglia del malcapitato: “Una vox populi che ho scoperto anch’io quando sono arrivato”, conferma il Sovrintendente.

La news è ripresa da Il Mattino, principale quotidiano campano: “La maledizione dell’ antica Pompei continua a colpire gli ignari turisti che trafugano reperti dalle domus. Da diversi anni la Soprintendenza riceve pacchetti contenenti pietre di roccia vulcanica, frammenti di muri e pavimenti, cocci di ceramica spesso accompagnati da una lettera di scuse“.

La restituzione e il pentimento sono una conseguenza delle disgrazie che si sono abbattute sulla famiglia del turista trafugatore, non appena il reperto entra nella vita del nuovo possessore”, ipotizza il Sovrintendente. “Ma la cosa ancora più curiosa, da un punto di vista antropologico, sono le lettere di accompagnamento dei reperti trafugati, che svelano uno spaccato umano tutto da studiare. Le persone scrivono di essere pentite, di essersi rese conto di aver sbagliato, di aver commesso un errore terribile, che non lo rifarebbero mai più, e per questo restituiscono i pezzi rubati”.

Ed ecco qualche esempio di lettera di accompagnamento del maltolto restituito alla città: “Da quando ho in casa il reperto, la sfortuna mi perseguita”. E ancora, da uno straniero: “Signore, Vi mando un pezzo de mattone raccolto al centrale de una piazza del sito de Pompei in agosto 1975. Uno errore de giovinezza. Con scuse”.
Si narra persino di una signora canadese che riportò di persona a Pompei la statuina in terracotta rubata durante il viaggio di nozze. Non l’avesse mai presa: durante il viaggio di ritorno lo sposo morì di infarto.

Pompei, vero e proprio museo a cielo aperto, offre ben 44 ettari di rovine, tutti potenzialmente alla mercé dei visitatori, soprattutto qualche tempo fa: “In passato si poteva osare, soprattutto negli anni ’50 e ’60”, commenta il Soprintendente.
E una volta restituiti i reperti, rimane il problema della loro ricollocazione: se alcuni sono identificabili in modo immediato, altri appaiono più enigmatici e il loro luogo di origine rimane tuttora oscuro.