Incidenti in montagna e soccorsi a pagamento

Superficialità o scarsa preparazione: perché in montagna accadono gli incidenti e quanto costano i soccorsi

Purtroppo si parla sempre più spesso di incidenti in montagna. E’ un fenomeno in crescita perché è aumentato il numero di coloro che desiderano praticare escursioni ed arrampicate sia in inverno che in estate, affascinati dalle alte quote e dai paesaggi spettacolari.

Nella maggior parte dei casi gli incidenti sono da ricondurre a superficialità e scarsa preparazione: molte tragedie si potrebbero evitare se gli escursionisti e gli alpinisti facessero più attenzione alle indispensabili norme di sicurezza; l’esperienza, invece, ha dimostrato che spesso la difficoltà deriva da una sopravalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso che si vuole intraprendere e dei relativi rischi. E spiace che gli infortuni riguardino sia i frequentatori più preparati, sia i gitanti della domenica. In entrambi la possibilità di contare sul soccorso gratuito ha finito per indurre un certo irresponsabile innalzamento dei margini della sfida: tanto, nel peggiore dei casi, li tirano comunque fuori.

Ma c’è un altro aspetto che emerge prendendo in esame gli interventi di soccorso in montagna. Infatti tutti ci troviamo a fare i conti con i giorni di ferie e la gente approfitta del poco tempo libero per dedicarsi alle proprie passioni, alpinismo , sci – alpinismo, escursionismo compresi. Così, pur di non rinunciare a un’escursione nel poco tempo libero, c’è chi azzarda qualcosa in più. Una scelta che a volte può costare cara. Ed ecco allora gli escursionisti bloccati in quota dal maltempo, gli infortuni per il terreno reso particolarmente scivoloso dalla pioggia o i travolti da valanga.

Preliminare a qualsiasi attività in montagna, è la consultazione dei bollettini meteo, tenendo tra l’altro presente che in montagna le condizioni del tempo possono cambiare in pochi minuti, come ad esempio accade sulla catena montuosa del Gran Sasso d’Italia data la sua particolare vicinanza ai due mari.

Come già accennato, fondamentale è scegliere l’itinerario in base alla propria preparazione fisica e capacità tecnica. Abbigliamento ed equipaggiamento devono essere adeguati alla difficoltà ed alla durata dell’escursione. Nello zaino con air bag (è una sorta di palloncino che esplode permettendo di “ galleggiare” in caso di valanga) non deve mai mancare l’occorrente per le situazioni di emergenza: telo termico, lampada frontale, kit di primo soccorso (meglio se corredato di un telo isotermico), bussola, altimetro e telefonino cellulare – Gps nel quale si può scaricare l’App “GeoResQ” (è un nuovo servizio di geolocalizzazione e d’inoltro delle richieste di soccorso che tiene traccia del percorso comunicandolo a chi volesse seguirci da casa e per inoltrare tempestivamente la richiesta di aiuto alla centrale operativa attiva 24 ore su 24). In caso di neve è opportuno tenersi costantemente aggiornati sulla situazione del manto nevoso consultando il bollettino di previsione delle valanghe che varia dal valore 1 (debole) al valore 5 (molto forte) senza dimenticare gli elementi base dell’autosoccorso: pala, sonda, Artva (apparecchio di ricerca dei travolti in valanga: è un ricetrasmettitore che consente l’individuazione di un travolto da valanga, attraverso un segnale radio trasmesso su una frequenza convenzionale di 457 Khz) oltre ai ramponi piccozza e casco protettivo. Utile per il corretto funzionamento degli strumenti elettronici è il controllo periodico delle batterie per verificare la carica residua e l’utilizzo di tipi ad alta capacità. E’ preferibile non avventurarsi da soli e, in tutti i casi, la gente fatica a capire che l’attrezzatura all’avanguardia e Gps non ci rendono onnipotenti. Non bisogna fidarsi solo delle attrezzature perché la differenza la fa l’abitudine al territorio, al movimento. Non basta scaricare una App e comperare attrezzature supertecnologiche con l’illusione di avere la sicurezza assoluta. Una volta si faceva tutto lentamente e non esisteva internet, c’erano solo le guide cartacee. Oggi, grazie alla rete telematica, c’è uno scambio dati e informazioni aggiornate, ma la montagna ha bisogno di tempo per maturare esperienza.
E l’esperienza è fondamentale per non incorrere in infortuni che a volte possono avere conseguenze drammatiche.

Consigli a parte, da più fronti si invoca una legge in grado di arginare l’impennata di incidenti in montagna. Attualmente, infatti, non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dello sciatore-alpinista, dell’alpinista, dell’escursionista e più precisamente per gli sport di avventura. A mio avviso, innanzitutto si potrebbe modificare la Legge 363/2003 sulle norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci di discesa e fondo estendendola anche allo sci alpinismo, all’escursionismo, all’alpinismo. Così come nell’attuale legge si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti.

Una soluzione potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative, discese fuori dalle piste battute e probabilmente anche vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello). Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 20-30 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio.

Secondo me si dovrebbe partire dalla prevenzione. Gli addetti non indicano però la soluzione preferendo continuare a finanziare i soccorsi e le loro costose strutture invece di fare adeguata prevenzione, molto più economica ed efficace. Sebbene molti conoscono le soluzioni, non si adoperano per sottoporre propedeuticamente a formazione i frequentatori dei monti, così da ottenere il necessario aumento di capacità, equipaggiamenti e consapevolezza con abbattimento dei casi di difficoltà, incidenti, smarrimenti e costi connessi. Secondo me, si ignora l’esempio delle associazioni speleologiche e subacquee che giustamente impongono la frequentazione di un corso introduttivo prima di svolgere tali specialità non meno rischiose dell’alpinismo dello sci-alpinismo o dell’escursionismo. E’ ovvio che le pubbliche amministrazioni finanzino tale attività formativa sottraendo denaro a quella di soccorso che in pochi anni ridurrà enormemente i suoi costi come accadrà anche per le spese sanitarie indotte dagli incidenti che da sole basterebbero a finanziare questa fondamentale attività-socio-culturale-sanitaria con risparmi incalcolabili.
Un valido deterrente sarebbe quello di far pagare per intero al cittadino le operazioni di salvataggio in montagna, comprese quelle effettuate sulle piste da sci, perché la comunità non può e non deve più farsi carico delle leggerezze degli irresponsabili. Infatti, le operazioni di soccorso alpino, oltre ad impegnare mezzi e decine di uomini, mettendone a rischio la vita, in Italia sono un costo imputato per intero alla collettività perché gestito dal servizio sanitario nazionale. La persona soccorsa, quindi, non paga nulla. Per riflettere, basti pensare che un minuto di volo di un elicottero medicalizzato può arrivare a costare anche 300 euro; cifre inferiori, ma di tutto rispetto, per le operazioni di soccorso con elicottero non medicalizzato o a piedi. In Austria, Francia, Svizzera e Slovenia, che dal confine Italiano distano pochi chilometri in linea d’aria, il costo del soccorso è a totale carico del cittadino in emergenza. In questo modo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità. E’ solo in questo modo che gli incidenti potranno diminuire e tante vite umane potranno essere risparmiate; il tutto accompagnato, ovviamente, da un risparmio di soldi pubblici che potrebbero essere investiti nell’acquisto di nuove apparecchiature elettromedicali da destinare agli ospedali.

Sono convinto che i costi di soccorso alpino siano addebitati a chi ne beneficia. Andare in montagna è una scelta che comporta un margine di rischio; chi poi imprudentemente si mette in condizione di pericolo deve accettarne le conseguenze, anche economiche. Il paragone con altri tipi di soccorso, come gli incidenti stradali ad esempio, non regge; tempi, costi e difficoltà di intervento sono sicuramente inferiori e meno problematici perché la gente comune non immagina la sofisticazione delle tecniche, dei materiali, delle procedure, che stanno dietro agli interventi di salvataggio in montagna e dei conseguenti costi.

La mia non è una voce isolata: a perorare la proposta illustri esperti del settore di fama internazionale, alpinisti quali Abele Blanc, Alessandro Gogna, Reinhold Messner, Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti concordano sul deterrente di tipo economico quale strumento per disincentivare i comportamenti negligenti e sull’importanza di diffondere la cultura della prevenzione del rischio. “ Sono molto favorevole a questa proposta che gli amanti della montagna non possono non condividere”. Così esordisce il pluricampione Mondiale e Olimpico Gustav Thoeni in una intervista rilasciata al quotidiano Il Capoluogo con sede all’Aquila.

Il compito di certificare la sussistenza dei requisiti necessari a giustificare gli interventi di soccorso in montagna dovrebbe spettare ai reparti specializzati dei Carabinieri Forestali, la Polizia, la Guardia di Finanza, i Vigili del Fuoco, l’Esercito (Alpini) hanno la preparazione giuridico – operativa per permettere ai propri uomini di poter ricostruire esattamente qualsiasi evento legato ad infortuni ad alta quota, utilizzando come parametro di riferimento le linee guida del C.A.I. sulle regole di comportamento in montagna assicurando anche le necessarie funzioni di Polizia Giudiziaria nei casi in cui, dalla dinamica degli incidenti, possono essere ravvisati eventuali elementi di interesse penale. Infatti, ogni corpo ha una propria squadra di soccorso alpino pronta a collaborare con quella del C.N.S.A.S del Club Alpino Italiano la quale, ai sensi di una Legge di protezione civile, la numero 74 del 21.03.2001, ha il compito di provvedere alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche escursionistiche e speleologiche nonché al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti ad opera di tecnici di soccorso alpino ed elisoccorso inquadrati come “volontari” e quindi senza alcuna retribuzione economica.

In alcune regioni Italiane il soccorso alpino è a pagamento. In Trentino Alto Adige, Val d’Aosta e Veneto, regioni ad alta vocazione montanara, i propri governanti hanno deciso di porre fine alla gratuità completa degli interventi di soccorso alpino facendo pagare al cittadino in emergenza una sorta di ticket per ogni chiamata invece dell’intero salvataggio. Questo ticket sembra aver funzionato bene perché le autorità e gli esperti del settore hanno registrato una effettiva diminuzione delle richieste di intervento.

Linea dura in Lombardia contro le imprudenze in montagna: dopo l’introduzione dell’ARTVA obbligatorio su tutti i territori innevati fuoripista, il soccorso in montagna è a pagamento sull’intera regione con l’introduzione, anche qui, di un ticket ( il Consiglio dei Ministri a maggio 2015 ha promosso la Legge regionale n. 5 del 17/03/2015). Anche la Regione Piemonte si è adeguata ad altre regioni Italiane – e al buon senso: a novembre 2015 la Giunta regionale ha approvato la delibera che introduce una “compartecipazione” delle spese al servizio di soccorso in elicottero in caso di chiamate che non abbiano reale motivazione o urgenza. L’assessorato alla Sanità, in una nota fa sapere che dal 1° gennaio 2016 sono scattate le nuove regole.

I costi:

– Trentino Alto Adige: ticket 30,00 euro per il ferito grave (in caso di ricovero ospedaliero o in presenza di un referto medico che attesti la gravità dell’emergenza sanitaria); ticket di 110,00 euro per il ferito lieve e ticket di 750,00 euro per persona illesa.
– Valle d’Aosta: gratuito in caso di emergenza sanitaria; ticket di 800,00 euro per intervento inappropriato a mezzo elicottero (rilevato dall’equipaggio intervenuto – es. alpinista bloccato in parete o escursionista con attrezzatura inadeguata) e ticket di 100,00 euro + 74,80 euro/min (costo al minuto di volo con aeromobile AB412 o 137,00 con aeromobile AW139) per chiamate totalmente immotivate ( rilevate dall’equipaggio intervenuto).
– Veneto: 25,00 euro/min fino ad un massimo di 500,00 euro per il ferito grave (con ricovero ospedaliero o accertamenti in Pronto Soccorso di un ospedale pubblico); 90,00 euro/min fino ad un massimo di 7.500,00 euro per ferito lieve o persona illesa.
– Lombardia: la quota oraria è tra i 56 euro l’ora (per intervento di un’ambulanza) ed i 115 (per l’intervento anche di soccorritori, medici e infermieri). La quota massima per l’utilizzo dell’elisoccorso sarà di 780 euro. Secondo la normativa pagherà solo chi farà mobilitare i mezzi di emergenza senza la necessità di ricovero in ospedale mentre è prevista una riduzione del 30% a favore dei residenti in Lombardia. Tariffe che gravano sugli escursionisti in caso di “ingiustificato” intervento del CNSAS per comportamenti negligenti o motivazioni inutili.
– Piemonte: diritto fisso di chiamata per ciascuna squadra 120 euro. Costo per ogni ora aggiuntiva di operazioni oltre la prima per ciascuna squadra: 50 euro. E questo varrà per tutti, residenti o non residenti. Se la chiamata è totalmente immotivata, ad esempio uno scherzo, la corresponsione è per l’intero costo dell’intervento. E lo stesso accadrà se le ricerche dovranno essere attivate a causa di un comportamento irresponsabile. Nel caso di chiamata causata da utilizzo di dotazione tecnica non adeguata o dalla scelta di percorsi non adatti al livello di capacità o al mancato rispetto di divieti, la compartecipazione è fino ad un tetto massimo di 1000 euro, fermo restando la non applicazione in caso di ricovero del paziente in reparto o in osservazione breve intensiva in Pronto soccorso. In ogni caso spetta agli equipaggi intervenuti rilevare le condizioni di cui sopra mentre le spese per il recupero salma non sono soggette a compartecipazione.

Gli introiti ovviamente non vanno nelle tasche del CNSAS ma in quelle del sistema sanitario nazionale.
In Abruzzo, dove vivo, un team di esperti (del quale ho fatto parte anche io) costituito dalla competente commissione regionale (Ambiente), ha redatto una bozza di Legge chiamata “REASTA” la quale, è stata approvata dal sovrano Consiglio Regionale nella seduta del 13 Dicembre 2016.
La legge istituisce la Rete Escursionistica Alpinistica Torrentistica Abruzzo per lo sviluppo montano e nuove norme in materia di soccorso in montagna.
“Gli interventi di soccorso e di elisoccorso di carattere non sanitario – si legge nel dispositivo, comprensivi di recupero e trasporto, qualora non sussista la necessità di accertamento diagnostico o di prestazioni sanitarie presso un pronto soccorso, sono soggetti a una compartecipazione alla spesa a carico dell’utente trasportato, se richiesto da quest’ultimo o riconducibile ad esso. La compartecipazione è aggravata qualora si ravvisi un comportamento imprudente”
Invece, in seguito alle modifiche della L.R. n. 24 del 2005 è consentito lo scialpinismo, fuoripista compresi, imponendo l’attrezzatura idonea per praticare tale disciplina sportiva (ARTVA, pala, sonda oltre al casco protettivo la piccozza i ramponi e lo zaino con airbag).

I tagli alla spesa pubblica hanno avuto effetto anche sui costi del soccorso in pista. Alcune regioni o singole località hanno così introdotto il pagamento di un ticket sui normali interventi in motoslitta o con il Toboga ( è una slitta da trasporto). Alcune località del Trentino Alto Adige, dal 2015, fanno pagare il soccorso sulle aree attrezzate al costo di 200 euro. Anche in Val d’Aosta le operazioni di salvataggio su pista sono a pagamento dal 2016: 200 euro è il costo del ticket per ogni intervento di salvataggio sull’intera Regione. Il Piemonte ha reso obbligatoria la stipula di una polizza di responsabilità civile per tutti gli sciatori che frequentano le piste del proprio territorio mentre in alcune località il costo è di 200 euro ad intervento. In Francia il soccorso in motoslitta costa da 220 euro fino a 800 euro a seconda della distanza del ferito dal posto di primo soccorso.

Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino del C.A.I. Percepisce finanziamenti pubblici per circa 10 milioni di euro l’anno tra Stato ed enti autarchici locali quali Regioni, Province, Comuni. A questo punto, un aspetto da risolvere è quello di stabilire se l’organizzazione CNSAS formata da volontari è opportuno riceva finanziamenti pubblici invece di utilizzare squadre di professionisti altamente specializzati già esistenti nei Carabinieri Forestali, Polizia, Guardia di Finanza (Soccorso Alpino Guardia di Finanza), Vigili del Fuoco (Speleo Alpino Fluviale), Esercito (Alpini) a cui eventualmente destinare quelle somme aumentando l’efficacia dei soccorsi. A tal proposito è da dire che la tempestività negli interventi è maggiore da parte dei professionisti visto che i volontari devono lasciare il lavoro e non sono in continua attesa e disponibilità per le emergenze.

Per quanto riguarda l’elisoccorso, il tema riveste particolare importanza, soprattutto alla luce dei frequenti interventi in montagna: la mia personale opinione è quella di mutuare l’esperienza della regione Liguria e della regione Sardegna dove l’elisoccorso è affidato ai Vigili del Fuoco e non a privati con un enorme risparmio di costi e con la garanzia di un’elevata professionalità e sicurezza.

Ecco un esempio. In Abruzzo, dove vivo, l’elisoccorso 118 è un servizio che costa alla regione 26 milioni e 500 mila euro ogni cinque anni. Se invece si optasse per la soluzione prospettata, il risparmio sarebbe consistente: in Sardegna il costo è poco più di 4 milioni di euro ogni tre anni.
Spesso mi capita di assistere a scene curiose di gente in difficoltà, una in particolar modo merita di essere ricordata perché mi ha fatto capire – una volta per tutte – che le operazioni di soccorso alpino, siano esse di carattere sanitario e non, devono essere fatte pagare per intero al cittadino in emergenza!

In una bella giornata di sole, ero con un mio amico medico sulla cresta Ovest che dalla cima più elevata del massiccio montuoso del Gran Sasso d’Italia, la vetta occidentale del Corno Grande (2912 m s.l.m.), scende alla Sella del Brecciaio (2506 m s.l.m.) quando, in un punto molto esposto e difficile, abbiamo incontrato una coppia. Lei in evidente difficoltà, con una decadenza fisica significativa piangeva e per la paura non voleva più andare avanti né tornare indietro. Ci siamo subito fermati per prestare aiuto immediato. Il signore che era con Lei ci disse: ” Grazie, non abbiamo bisogno di nulla; tra poco, se la mia compagna non riprende a salire, chiamerò l’elicottero per farla venire a prendere e farla portare al piazzale dove abbiamo l’auto parcheggiata. Tanto è tutto gratis… così approfittiamo per fare un bel giro e vedere il Gran Sasso dall’alto”.

Questo episodio dimostra non solo la scarsa preparazione di qualcuno che si avventura in montagna, ma anche il poco valore etico nel considerare il lavoro del Soccorso Alpino e la spesa che ricade comunque su tutta la comunità. Da ultimo, ma non meno importante è da dire che scambiare l’elicottero del 118 per un elitaxi è inaccettabile perché i mezzi di salvataggio devono necessariamente essere riservati alle vere emergenze, che magari, mentre il velivolo è occupato, potrebbero effettivamente verificarsi.

 

Paolo De Luca
Maestro di escursionismo e di sci