Transumanza, i cammini sulle tracce dei sentieri dei pastori

I vecchi tratturi sono stati trasformati in itinerari turistici

C’era una volta un re fiero e rispettato. A lui si rivolgevano perfino i Papi per chiedere un aiuto per la loro opera di evangelizzazione e su di lui si raccontavano tante e tali vicende da farlo passare alla storia come un sovrano in bilico tra realtà e leggenda. Il suo nome era Ospitone ed era dux Barbaricinorum, signore dei Barbaricini e “re dei pastori“. Il regno di Ospitone, infatti, era il cuore della Sardegna, la terra ora divisa tra le province di Nuoro e dell’Ogliastra ma unita dall’imponente profilo dei monti del Gennargentu, dallo spirito indomito delle Barbagie e soprattutto dal legame vitale con le greggi.

Fino a cinquant’anni fa, infatti, erano pecore e capre a scandire i tempi di vita e le stagioni per le famiglie: all’alba di un giorno di metà novembre, quando freddo e neve stavano per arrivare a imbiancare le cime, gli allevatori riempivano le sacche con pane carasau, formaggi, sale e un coltello e partivano in direzione delle pianure a Sud. La tramuda, transumanza, sarebbe terminata solo cinque o sei mesi più tardi, con il ritorno a casa e il rincontro con la famiglia dopo settimane passate tra impervi sentieri, rifugi di fortuna e duri turni di veglia per controllare gli animali.

Una tradizione che, dopo secoli, il progresso ha spazzato via (ora le pecore si spostano sui camion o restano in allevamenti attrezzati per l’inverno) e che rischierebbe di scomparire con tutta la sua ricchezza, se non fossero intervenuti i Gal Barbagie e Mandrolisai, Mare e Monti e Ogliastra. I tre Gruppi di Azione locale (organizzazioni pubblico-private finanziate dalla Ue per favorire lo sviluppo locale di un’area rurale) hanno infatti dato vita a Tramudas, un percorso racchiuso tra Lanusei e Ollolai, Siniscola e Perdasdefogu che trasforma le vecchie transumanze in itinerari turistici.

Con la collaborazione di strutture ricettive, fattorie e allevamenti, agriturismi e ristoranti, ai viaggiatori viene offerta la possibilità di immergersi totalmente in una regione che è uno scrigno di primizie. Seguendo i sentieri dei pastori, in autonomia o partecipando agli itinerari messi a punto appositamente, si può soddisfare la propria voglia di trekking nella natura selvaggia, andare alla scoperta della misteriosa e affascinante civiltà nuragica, mettersi alla prova come novelli mungitori o casari (o anche solo come assaggiatori), ascoltare l’armonico canto, patrimonio dell’Umanità, dei tenori di Bitti o farsi cullare dal Trenino Verde, che da Tortolì si arrampica fino a 1.200 metri d’altezza e accompagna fino al Lago Alto del fiume Flumendosa.

Se è la gola a trasportarvi, poi, la ricompensa sarà semplice quanto irresistibile. Sui fogli sottili del pane carasau o quelli più spessi del pistoccu potrete adagiare spicchi di profumatissimi formaggi, fette di prosciutto, lardo e guanciale o pezzi di salsiccia locale. Fumanti dalla cucina, sulla tavola imbandita (magari in un vecchio fienile) arrivaranno i golosi culurgiones o robusti arrosti di capra, pecora e maialetto, innaffiati dal poderoso Cannonau dell’Ogliastra. Per chiudere, prima del meritato Mirto o dei digestivi a base di erbe di montagna, gli imperdibili biscotti di Fonni o il torrone di Tonara.

Chi, a questo punto, sentisse incredibilmente ancora il richiamo del mare, si affidi con fiducia ai pastori: come i marinai, per trovare la via per le loro transumanze guardavano in cielo e seguivano le stelle. Vi mostreranno senza indugio la strada per le spiagge. Avrete però il coraggio di lasciare questa terra magnetica?