Campomaggiore, il borgo abbandonato dove non esisteva la povertà

Era un antico centro tanto pacifico e all'avanguardia da essere chiamato "Città dell'Utopia". Ecco la sua triste storia

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Redazione

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C’era una volta Campomaggiore, un piccolo paese della Basilicata ai piedi delle Dolomiti lucane, un antico centro tanto pacifico e all’avanguardia da essere chiamato “Città dell’Utopia“. Di antica origine, risalente all’epoca romana, nel 1741 il paese era un minuscolo villaggio di soli 80 abitanti: fu proprio quell’anno che il conte Teodoro Rendina, alla cui famiglia il re Filippo IV aveva assegnato il paese da quasi un secolo, decise di ripopolarlo e farlo rinascere, ricostruendolo e creando un paese dove non esistesse la povertà.

Un progetto ambizioso e impregnato di ideali utopici, che tuttavia il conte Rendina perseguì con convinzione, affidando il progetto della “Città dell’Utopia, come in seguito venne chiamato Campomaggiore, all’architetto Giovanni Patturelli, allievo del Vanvitelli, celebre quest’ultimo per aver progettato la Reggia di Caserta.
Non si trattava solo di un progetto architettonico: ogni contadino che si fosse trasferito a Campomaggiore infatti avrebbe avuto diritto ad un lotto di 5 metri per 5 per costruire una casa. Era permesso tagliare legname a piacimento, con l’obbligo di piantare tre alberi da frutto per ogni pianta abbattuta.

L’idea ebbe successo e all’offerta aderirono in molti. Nel giro di pochi anni il piccolo villaggio si ripopolò, arrivando nel 1885 a 1524 abitanti. Ma il sogno ebbe vita breve, anche a causa del sito, costruito su un terreno acquitrinoso: il 10 febbraio del 1885 un’enorme frana rase al suolo il paese, che venne abbandonato per sempre. Nessuna vittima, solo il sogno infranto del conte rimase seppellito sotto le macerie.

D’estate la Città dell’Utopia rivive come spettacolo di danza tra le rovine di Campomaggiore Vecchio.
Dell’antico paese – il nuovo è stato ricostruito poco lontano ed è il comune più piccolo della Basilicata – sopravvivono ancora il rudere del maestoso Palazzo Baronale, il campanile della Madonna del Carmelo e quel che resta della Piazza dei Voti, così chiamata per ricordare il momento in cui le prime sedici famiglie insediate a Campomaggiore si riunirono per scegliere di abbracciare il progetto utopico del conte Rendina. Attorno alla piazza rimane la struttura a scacchiera delle abitazioni progettate dall’architetto vanvitelliano e a tre chilometri dal paese si può ammirare il Casino della Contessa, residenza estiva dei Rendina, una villa fortificata con tanto di torre, costruita tra il XVIII e il XIX secolo.